“Oggi c’è la tendenza ad identificare lo stress con tutto ciò che non funziona, che ci logora ed è evidente che Il termine stress è frequentemente usato nella nostra società per indicare situazioni assolutamente diverse tra loro: è diventato sinonimo di vita caotica, di ritmi frenetici, di superlavoro, di tensione e di eccesso di stimoli; si potrebbe dire che impropriamente si è portati a classificare come stress qualsiasi condizione di disagio. Quindi, se me lo consente, comincerei col fare un po’ di chiarezza sul concetto di stress.

Si, penso possa essere utile..

L’origine del termine è legata al settore metallurgico, nel quale era tradizionalmente utilizzato per indicare gli effetti che grandi pressioni determinavano sui materiali e proprio di pressioni e di effetti si deve parlare quando si utilizza il termine stress.

Il primo studioso che si dedicò alle risposte fisiologiche d’allarme minacce ambientali fu il fisiologo Walter Cannon, che negli anni Venti aveva lavorato sul concetto di omeostasi e sulla risposta d’allarme presso l’Università di Harvard. Dinnanzi ad un pericolo l’organismo ha una reazione di allarme che ha la funzione di preparare fisiologicamente il soggetto ad una rapida azione offensiva o difensiva, fondamentale per la sopravvivenza. Questa reazione è nota con il nome di flight or fight reaction: uno stato di sovraeccitazione innescato dall’attivazione del sistema nervoso autonomo, ramo simpatico, in seguito alla rilevazione di un pericolo nell’ambiente esterno.

Il primo scienziato che invece utilizzò il termine stress fu un collega e studioso di Cannon, il fisiologo H. Seyle che proprio dalla metallurgia aveva preso in prestito il termine per indicare una concatenazione di eventi omeostatici, adattamenti, e modificazioni fisiologiche che gli animali da laboratorio mettevano in atto come effetto delle pressioni esercitate da agenti nocivi introdotti nel loro organismo. Un insieme di segni e di sintomi tra loro correlati e coerenti, tutti di attivazione, tale da far pensare all’esistenza di una sindrome generalizzata di risposte, denominata, successivamente, “sindrome generale di adattamento” (SGA) o, facendo riferimento alla metallurgia, “stress”.

La definizione scientifica che ne diede in seguito, vedeva lo stress come “una risposta generale e aspecifica a qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente” (Selye, 1955).

Da allora molti studiosi riconobbero che fosse corretto identificare col termine stress una risposta a uno stimolo ambientale, la reazione adattiva di un organismo sottoposto all’influenza di fattori esterni.

Ciò che preme sottolineare della definizione di Seyle è il carattere aspecifico di questa sindrome. Quindi non solo l’animale risponde fisiologicamente in questo modo ma anche l’uomo. Tuttavia, la sindrome generale di adattamento negli esseri umani è un fenomeno di gran lunga più complesso di quello osservabile negli animali, abbiamo infatti processi cognitivi più evoluti. Se nel regno animale la reazione di allarme è innescata dalla presenza di un predatore o da qualche minaccia concreta per la vita o per lo status nel gruppo del singolo, gli uomini reagiscono invece in questo modo anche se nessun pericolo reale è presente. Soprattutto nelle società occidentali moderne, questo utile strumento di attivazione per l’adattamento può perciò diventare un modo di vivere dannoso, portando con sé difficoltà non indifferenti”.

Ma quindi esiste anche uno stress “utile”?

“È importante sottolineare che stress non è necessariamente sinonimo di qualcosa di negativo, come spesso è implicito nell'uso comune del termine, ma rappresenta un'importante reazione di adattamento dell'organismo alle varie richieste ambientali, alle minacce o ai pericoli, i cosiddetti stressor; quindi lo stress è una risposta positiva, assolutamente compatibile con la vita; è una reazione del tutto naturale ed è un bene che l’uomo abbia queste risorse organiche destinate all’adattamento ambientale.

Questa reazione, tuttavia, se perdura nel tempo o è sproporzionata, può avere effetti negativi sull'organismo stesso e portare allo sviluppo di patologie. Si suole infatti distinguere tra eustress e distress ovvero rispettivamente stress buono e stress cattivo.

Lo stress negativo o distress si ha quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino all’esaurimento delle risorse psicofisiche. Si evidenziano cioè situazioni in cui i livelli di stress, e quindi di attivazione dell’organismo, permangano anche in assenza di eventi stressanti, o reagiscano a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata. La famosa pentola a pressione!

Lo stress positivo o eustress si ha, invece, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. In questo caso gli eventi stressanti stimolano per breve periodo l’attivazione dell’organismo che viene dunque riassorbita. L’eustress è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo e l’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali che lo spingono ad adattarsi, non ci sarebbe stata evoluzione della specie senza di essi”.

Quindi i nostri disagi sono comunemente legati al distress?

“Nell’uomo le situazioni stressanti tipiche sono assai complesse e coinvolgono più spesso non tanto minacce dirette alla sopravvivenza fisica immediata quanto minacce su piani simbolici (posizione sociale, relazioni, fattori economici, appartenenza al gruppo, stress lavoro correlato, lutti o separazioni, malattie, ecc.), egualmente importanti e potenzialmente altrettanto stressanti. Tensioni continue in alcune parti del corpo, accelerazioni costanti del battito cardiaco, nervosismo, ansia, preoccupazioni, sudore diffuso, sono attivazioni fisiologiche che reagiscono più a minacce “quotidiane” che ad un reale pericolo di vita.

Ciò che porta nocività è il fatto che l’uomo determina, spesso inconsciamente, una continuità della sovreccitazione che si instaura a seguito degli stimoli di allarme o minaccia e la lascia agire dentro di se in modo incontrollato. Disgraziatamente, infatti, la sovreccitazione caratteristica della reazione allo stress, può diventare uno stile di vita!

Un altro aspetto nocivo è dato dal fatto che sentendo questa grossa attivazione dell’organismo pensiamo di doverla scaricare e spesso scegliamo dei rimedi di scarico dello stress che risultano inadeguati o addirittura dannosi e si sommano alle pressioni che dobbiamo già affrontare quotidianamente: la negazione (io teso? Non sono affatto teso..), la chiusura, l’iperattivismo, la frenesia nel lavoro, le droghe, i farmaci, il cibo, l’ipersessualità..”.

Ma si può gestire lo stress?

“Per concludere dobbiamo partire dal presupposto che, contrariamente a quanto si possa pensare, noi non dobbiamo e in realtà, non possiamo evitare lo stress, ma possiamo andargli incontro in modo efficace traendone vantaggio, imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando le nostre risposte emotive e comportamentali ad esso.

Quindi per rispondere alla sua domanda gestire lo stress è assolutamente possibile e l’impegno che ci viene richiesto non è tanto quello utopico di eliminare qualsiasi fonte di “stress”, cosa che, come diceva Seyle, avviene solo con la morte, ma piuttosto quello di aumentare quelle capacità e risorse che ognuno ha dentro di sé per trasformare l’evento stressante in un’occasione di consapevolezza e crescita personale. Perciò è fondamentale diventarne consapevoli delle nostre reazioni e renderci conto di quando facilmente esse vengano attivate. La consapevolezza diventa quindi la risorsa essenziale per osservare l’abitudine inconscia e costante a mantenersi sovraeccitati nella reazione allo stress.

E’ con questa finalità che portiamo avanti il progetto Probenessere dove proponiamo tecniche multidisciplinari volte alla riduzione naturale dei livelli fisiologici attivati dallo stress e insegniamo ad utilizzare strumenti, di uso quotidiano, che educano a riconoscere la presenza di una sovraeccitazione e a gestirla nel corpo-mente”.

Che cos’è Probenessere? Ce lo può spiegare in poche parole?

“Nel nostro centro a Ravenna, offriamo sostegno, risposte e formazione rispetto a numerosi disagi o squilibri di carattere fisico, psicofisico o energetico correlati allo stress che deriva dalla vita sempre più frenetica, alienante e orientata al solo profitto cui siamo soggetti in quest’epoca.

Il nostro modo di operare mette al centro la persona ed è finalizzato a comprendere il disagio psicofisico in corso e a favorire l’elaborazione di alternative più utili e soddisfacenti.

La persona, nel nostro modo di pensare, trae dal suo interno le risorse di cui ha bisogno per affrontare lo stress e procedere verso la propria evoluzione; per poterlo fare, però, necessita di un professionista che favorisca e sostenga quel processo. Per questo è nato Probenessere”.